Opposizione a verbale di infrazione al Codice della Strada: la sanatoria “piena” degli effetti della domanda irritualmente introdotta opera, anche senza emissione dell’ordinanza di mutamento del rito, soltanto nei riti “semplificati”.
Con la sentenza 12/01/2022, n. 758 le Sezioni Unite della Corte di Cassazione, risolvendo un contrasto giurisprudenziale in merito all’interpretazione dell’art. 4, comma 2, del D.lgs. n 150/11 e più specificatamente in relazione alla necessità, ai fini della salvezza degli effetti della domanda, dell’ordinanza di mutamento del rito nella causa irritualmente introdotta, hanno statuito – in una ipotesi di opposizione avverso al verbale di accertamento di violazione del codice della strada (e, per l’effetto, anche per il caso di opposizione recuperatoria ove venga impugnato l’atto successivo eccependo l’omessa notifica del precedente verbale ex plurimis Cass. Sez Un. n. 22080/17 e Sez. III n. 14266/21) – che:
“Nella disciplina di cui al d.lgs. n. 150 del 2011, il giudizio, erroneamente proposto nella forma dell’atto di citazione, è correttamente instaurato ove quest’ultima sia notificata tempestivamente, producendo gli effetti sostanziali e processuali che le sono propri; tale sanatoria piena si realizza indipendentemente dalla pronunzia dell’ordinanza di mutamento del rito da parte del giudice, ex art. 4 d.lgs. n. 150 cit., la quale opera soltanto ‘pro futuro’, ossia ai fini del rito da seguire all’esito della conversione, senza penalizzanti effetti retroattivi, restando fermi gli effetti sostanziali e processuali riconducibili all’atto introduttivo, sulla scorta della forma in concreto assunta e non a quella che esso avrebbe dovuto avere (nella specie, la S.C. ha ritenuto tempestiva l’opposizione c.d. recuperatoria avverso una cartella di pagamento per sanzioni amministrative conseguenti a contravvenzioni stradali, proposta con citazione – anziché con ricorso, come previsto dall’art. 7 d.lgs. n. 150 del 2011 – tempestivamente notificata nel termine di trenta giorni dalla data di notifica della cartella medesima).”
Pertanto, rigettando la tesi maggiormente “rigorista” è stata ribadita la salvezza degli effetti della domanda, ancorché irritualmente introdotta (ma tempestiva rispetto al rito erroneamente scelto) a prescindere dall’emissione dell’ordinanza di mutamento del rito.
Si osserva che la sanatoria “piena” degli effetti processuali e sostanziali della domanda in materia di opposizione al verbale di cui all’art. 7 del D.lgs. n. 150/11 (ma anche, ad esempio, all’ordinanza ingiunzione di cui all’art. 6 del D.lgs. n 150/11), in luogo di una sanatoria “dimidiata” è portata dall’introduzione dell’art. 4 comma 5 del D.lgs. n 150/11.
Occorre tenere a mente che al di fuori dei riti semplificati di cui al D.lgs. n. 150 cit., non opererebbe alcuna sanatoria “piena” se l’adempimento tempestivo non fosse aderente al rito che avrebbe dovuto essere astrattamente applicato (e non solo a quello concretamente ed erroneamente seguito).
Ed invero, in caso di irrituale impugnazione della sentenza resa nel primo grado di giudizio (anch’esso inerente all’impugnazione del verbale e come tale soggetto al rito del lavoro) è stato più volte affermato dalla costante giurisprudenza di legittimità (da ultime Cass Sez. II n. 7364/2022 e Sez. II n. 21153/21), che l’appello non è inammissibile in quanto tardivo solo e soltanto se l’erroneo atto introduttivo – ed ossia la citazione in luogo del rituale ricorso (il principio opera anche per l’ipotesi inversa) – sia stato depositato (e non soltanto notificato) entro i termini di cui agli artt. 325 c.p.c. (termine breve) o 327 c.p.c. (termine lungo), non potendo l’appellante giovarsi della salvezza degli effetti processuali della domanda.